sabato 20 novembre 2010

Histamatic una Toy Camera sull'I-Phone.

Probabilmente ci saranno tantissime persone contrarie alle Toy Camera (mio papà compreso) per via della loro "dubbia" qualità che molto spesso viene giudicata arte. Ci sarebbe da ridire su molte cose, come per esempio la loro ingestibilità a livello di qualità dell'immagine, lenti plasticose, infiltrazioni di luce ed altri mille difetti. Io sono uno di quelli che giudica questi difetti un affascinante pregio, dato il mix di tecnica, casualità e fortuna che servono per "controbilanciare" il "difetto" della toy camera e tramutarlo in un arma di originalità. Prendete tutto questo e trasportatelo su un telefono cellulare. Ora, se siete abbastanza nauseati potete anche fermarvi qui e non leggere oltre, tantomeno guardare le foto. Se come me pensate che il telefono cellulare è lo strumento che contraddistingue la nostra generazione e come me sentite che è probabilmente il mezzo di espressione più contemporaneo attualmente in uso, vale la pena cercare di esprimere il proprio punto di vista (perchè questo blog stesso è soltanto un opinione) tramite una Toy camera montata su di un cellulare.
Lo-Fi è il nome dello stile utilizzato dalle toy-camera, sarebbe Low Fidelity, è l'imperfezione di cui parlavo prima che è stata fedelmente ricreata dai ragazzi di "Synthetic" applicazione per I-Phone disponibile su AppStore, (non vi metto il link perchè l'applicazione è a pagamento ed nessuno mi paga per farle pubblicità, quindi se vi interessa, cercatevela).
Cosa fa questa applicazione? Al contrario di molte altre photo-app disponibili gratuitamente sullo store della "mela", Hipstamatic non permette di scattare la foto con la canonica macchina fotografica del telefono e poi applicarvi su un filtro lomo, l'applicazione riproduce direttamente il corpo della toy camera con la possibilità di scegliere, cambiare (e comprare!) le lenti, le pellicole ed i flashs. Una volta scattata la foto con l'impostazione preferita, verra processata direttamente dal telefono secondo le equazioni date dalle nostre scelte stilistiche e solo allora vedremo la foto scattata. In breve: Una sola foto, una sola impostazione, una sola possibilità di scegliere la lente e la pellicola giusta per impressionare l'attimo giusto. Vi assicuro che da molte soddisfazioni.

La scelta di questo programma non è stata soltanto dettata dalla qualità , cosa per altro raggiunta dai bravissimi sviluppatori, ma, la storia che si cela dietro l'Hipstamatic originale è a dir poco commovente. In breve, ispirati dalla famosa "Kodak" instantmatic, toy camera leader del settore negli anni '60, Bruce e Winston Dorbowski, due fratelli del Winsconsin appassionati di fotografia, inventarono una macchina fotografica totalmente di plastica, sia corpo che lente. In 18 Giorni diedero vita al loro primo prototipo che chiamarono Hipstamatic che vide un discreto successo arrivando ad esser venduto in 157 esemplari. Questo succedeva nel 1982, purtroppo due anni dopo accadde un assurda tragedia, ovvero i due fratelli morirono investiti da un automobilista ubriaco, così fini il loro sogno ed il loro progetto rimase soltanto un triste ricordo nelle mani del fratello più grande Richard, il quale ne racconta la storia, 25 anni dopo, ai due creatori della Syntetic (società di app per iphone) i quali proposero di portare il progetto originale di Hipstamatic sul digitale, tramite un applicazione per iPhone. Il resto è storia.
Se vi interessa scaricatela, se non vi interessa dimenticatevene e nella vostra vita non sarà cambiato nulla.
Queste immagini sono ritagli della mia vita quotidiana qui a tokyo.

l'applicazione



Per concludere aggiungerei il reportage uscito da poco sul NEW YORK TIMES del fotografo di guerra Damon Winter, reportage fatto totalmente con Hipstamatic e Iphone 4g
http://lens.blogs.nytimes.com/2010/11/21/finding-the-right-tool-to-tell-a-war-story/

sabato 22 maggio 2010

The Odaiba Project

Da un po di tempo che spesso la domenica mi piace andarmene a Odaiba お台場 , un quartiere di tokyo completamente staccato dal resto della città perchè totalmente artificiale e raggiungibile soltanto attraverso il rainbow bridge, con lo Yurikamome ゆりかもめ ovvero la famosa monorotaia di Tokyo. In realtà è possibile raggiungere l'isola anche a piedi o in macchina ma la maggior parte della gente preferisce prendere il treno per via della vista che si può godere dall'alto della monorotaia. Per maggiori informazioni su Odaiba rimando al link di Wikipedia che mi sembra abbastanza esaustivo sull'argomento.

Città teleporto di Tokyo.
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L'isola di odaiba è conosciuta anche con il nome di "Città teleporto di Tokyo" e, sarà per via del mio passato (e presente) molto NERD, che ammetto di aver espresso un certo compiacimento seguito da un "ghigno" di consenso per via del riferimento alla mitologia cyberpunk e Sci.Fi. di cui sono appassionato.
Per questo ed altri motivi ogni tanto mi armo di cavalletto e mi dirigo prendere lo Yurikamome che da Shimbashi mi porta a Odaiba in 12 minuti.

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domenica 4 aprile 2010

5D Mark II e il nostro hanami.


Parlare dell'hanami in generale mi risulterebbe difficoltoso e probabilmente non sarei nemmeno all'altezza del compito per questo rimando sempre al blog di Zen & The City dove è possibile leggere degli splendidi resoconti riguardo la cultura di questo paese (il Giappone). Per questo motivo parlerò del mio Hanami, anzi per la precisione dell'hanami con una Canon 5D Mk II.
Ho preso la macchinetta la settimana scorsa e finalmente ho dovuto sbattere contro questa verità ineccepibile: sono fotograficamente una pippa. Il tutto formato mi ha messo di fronte ad una serie di variabili non considerate con la 400D, quindi diciamo che sto "re-imparando" a scattare anzi a "guardare" con un occhio nuovo.
La cosa che mi ha sorpreso più di tutte di questa macchinetta è stata l'altissima qualità dei video in HD. Inutile aggiungere recensioni alle molte che già sono presenti sulla rete ma tanto vale postare qualcosa di concreto.





Juli e Yuki, uno scatto rubato durante il nostro Hanami..




















ed infine un momento particolare "rubato" durante il nostro hanami... video:






Tornando a parlare della markII qui è per le strade di Koenjii...



Un video, sempre Koenjii.

domenica 28 marzo 2010

Tokyo based e l'odissea del mio monitor.

Finalmente dopo innumerevoli peripezie e intoppi sono approdato a Tokyo con un visto che mi consente di stare per 2 anni. Salve a tutti! :-)

Quest'oggi anzichè parlare di fotografia vorrei parlare di spedizioni. Perchè? Il motivo è il seguente.
Per produrre fotografia (ma soprattutto grafica) non basta una macchina fotografica e un computer ma servono tutta una serie di strumenti ausiliari, nel mio caso un monitor 24" , nello specifico un apple cinema LED.
Qualcuno ha mai provato a trasportare un monitor di 24" pollici pesante 10kg (15 con l'imballo) da un continente all'altro? Io si. Questa è la mia storia..

In questo mese del 2009 iniziai a pormi un quesito, come portare il mio bellissimo monitor, comprato soltanto a Marzo, a Tokyo, città dove mi sarei trasferito qualche mese dopo. Le ipotesi che si presentavano èrano duplici: vendere il monitor anzi svenderlo visto il suo prezzo elevato o portarlo con me, spedendolo o imbarcandolo a bordo dell'aereo.

L’AMARA SCOPERTA Febbraio

Per un mio scrupolo tre giorni prima di partire telefonai all’Alitalia. Perché non l’ho fatto prima? Perché sono un pigro di merda, ecco perché.

Spiegando alla gentilissima signorina il mio problema logistico mi sento dire che:

non solo imbarcare 9,5 kg di bagaglio a mano in classe Economy non è possibile ma anche l’impossibilità di portare a bordo “quel” monitor dato il loro Glass display, ovvero il vetro. Portare vetro a bordo di un aereo specie di quelle dimensioni è vietato. Il motivo? CORSO PRATICO SU COME DIROTTARE UN AEREO CON UN APPLE CINEMA LED DISPLAY 24” : step 1 - imbarcare il monitor come bagaglio a mano; step 2 – una volta decollato l’aereo recuperare il baglio a mano da i vani sopra la testa e tirare fuori il monitor, quindi con una decisa gomitata (se ci riuscite) rompere il vetro in modo da crearne del frammenti dalle dimensioni di 15 cm x 3 cm; step 4 - avvolgere uno dei frammenti con un panno così da non rischiare di tagliarsi la mano; step 5 – chiamare la hostess più carina a bordo, distrarla con una stupida lamentela e quando meno se lo aspetta – zac! – puntarle il frammento alla gola; step 6 – farsi condurre dal pilota e scegliere la meta che più si preferisce ma attenzione tenete d’occhio il carburante!

Ebbene si… no, non scherzavo, l’alitalia mi ha detto che io potrei rompere il mio monitor (prezzo di listino 846 euro) e usare i frammenti a scopi violenti. Sorvoliamo.


L’ILLUMINAZIONE Marzo

Girando su internet trovai vari forum nei quali c’èrano altri disperati che, come me,

avevano avuto il modo di trovarsi in questa situazione. Leggendo i vari pareri èra uscita fuori questa parola, “CARGO” , che per associazioni mi riportò immediatamente ad una sigla: Alitalia Cargo.

Quello che feci subito fu di telefonare alla ditta in questione la quale mi subbappaltò ad uno dei loro spedizionieri di fiducia: ISG.

Fatte le telefonate di riferimento la signorina al telefono mi fa il preventivo. 150 euro spese incluse. Ci sto. Spedisco e ritiro il pacco al Cargo gate di NARITA. Niente di più facile…(povero illuso). Imballai il monitor nella sua scatola e mi recai a Fiumicino dall’ISG. Fatto, spedito, pagato. Sarebbe arrivato con il volo del giorno dopo, ovvero sarebbe arrivato a Narita un giorno prima di me, giusto in tempo per gli sdoganamenti di routine.

Ignorando quasi volutamente i 120 euro spesi per l’iLugger nuovo di zecca e totalmente inutile a questo punto, tornai a casa con un groppo nella gola dato dall’ansia per il mio monitor in volo senza di me.

L’ODISSEA a Tokyo

Arrivato a Narita chiesi subito notizie sull’ubicazione di Alitalia Cargo, ma dopo una lunga consultazione tra doganieri perplessi la risposta che ricevetti fu un numero di telefono. Dopo i primi momenti di pura disperazione mi avviai verso i telefoni per chiamare Alitalia Cargo a Narita. Dalla telefonata ricevetti un indirizzo, niente di più facile, così trovato un tassista e consegnato l’indirizzo, caricai tutto sul taxi pensado che il grosso della situazione èra stato fatto.

Arrivati, a 10 min di taxi dall’aereoporto, di fronte all’entrata della zona cargo, il tassista mi fece scendere quasi in mezzo la strada, perché ovviamente non èro in possesso del badge per entrare. Così caricati i miei 30kg di bagagli sulle spalle, mi avviai al gabbiotto del doganiere/finanziere/uomo in divisa dell’area cargo il quale non parlando una sola parola di inglese e dopo attimi di non poco imbarazzo dovuto alla nostra incomunicabilità, mi fece il badge per entrare, quasi per compassione…

All’interno dell’area cargo c’èra …l’area cargo. Un inferno di muletti e camioncini che a tutta velocità sfrecciavano a destra e a sinistra, centinaia di braccia che caricavano e scaricavano pacchi da pedane o pedane da pacchi, a volte sia pedane che pacchi contemporaneamente, ogni tanto qualcuno mi lanciava un occhiata come per dire “ma che cosa ci farà qui in mezzo alle balle un gaijin carico come un mulo? Di quanto avrà sbagliato strada? Ah ah ah …”. Dopo circa tre secondi capii di aver sbagliato gravemente l’indirizzo. Inutile raccontare i miei tentativi ridicoli di comunicare con gli scaricatori, preso dalla disperazione fermai la prima persona con un cellulare e gli chiesi soltanto di indicarmi un ufficio.

Ora…, la gentilezza e la disponibilità dei giapponesi è storica, fatto sta che questo tipo mi ha accompagnato a piedi fino all’ufficio informazioni situato esattamente nella parte opposta dell’area, circa un km a piedi.

All’ufficio informazioni sono stati talmente disponibili che la signorina vedendomi tutto sudato e carico di bagagli mi ha chiamato un taxi per accompagnarmi nella seconda area cargo, a 5 km da quella in cui mi trovavo dove avrei dovuto fare un altro badge, una nuova dogana e poi finalmente andare a piedi fino al gate di JAL cargo dove dopo aver riempito vari moduli avrei potuto ritirare il pacco.

Feci la dogana e l’impiegato mi indirizzò fino all’area JAL dove c’èra l’addetto di Alitalia Cargo con cui avevo parlato al telefono a Narita che mi aspettava fuori dall’ufficio venendomi incontro!

Salto tutte le pratiche burocratiche per dire che il gentilissimo e disponibilissimo Kato-san dopo avermi aiutato a riprendere il mio monitor si è offerto di riportarmi a Narita aereoporto con la sua macchina!

Finalmente sullo skyliner svenni dalla fatica.

CONSIDERAZIONI Oggi

La prima considerazione è che a prescindere dalla fatica che ho fatto per riprendere un pacco a Narita Cargo, posso dire che seguendo la giusta procedura il tutto mi è sembrato abbastanza scorrevole, i Giapponesi tengono molto alla precisione nella burocrazia e pratiche di questo genere vengono svolte in estrema velocità. Il mio problema è stato l’aver affrontato tutto questo non sapendo cosa fare e dove andare, ma soprattutto a chi chiedere. Ho voluto scrivere questo resoconto per aiutare chi, se mai fosse, si dovesse trovare nel mio stesso caso. Per qualsiasi informazione dettagliata con piantine dell’area cargo, numeri di telefono utili, non esitate a scrivermi, sarò felice di dare un aiuto.

La seconda considerazione è che probabilmente mi conveniva vendere questo monitor in italia e ricomprarlo qui… magari con lo sconto e il 20% di punti sulla tessera Labi.

Sayonara

;)


mercoledì 6 gennaio 2010

Zhang Jingna. Per il mondo: Zemotion.


Oggi ho deciso non parlerò di qualche mio improbaile esperimento.
L'altro giorno stavo chiacchierando con questa ragazza di Singapore che ho avuto il piacere di conoscere, anche se soltanto telematicamente, su facebook.
Si chiama Zhang Jingna, è cinese e tutto il mondo la conosce come Zemotion. Devo ammettere che anch'io come tutti la conoscevo già da tempo per le sue fotografie meravigliose.
http://zhangjingna.com/

Chiacchieravamo sul fatto che le piacerebbe lavorare di più in Europa ma che, nonostante abbia un portfolio contenente campagne ed editoriali per Mercedes Benz, Harpers Bazaar, Ogilvy&Mather, nonostante faccia parte della Masters Photographers Association ed abbia vinto sempre a soli 20 anni il Singapore Master Photographers Award, trovi ancora una certa diffidenza da parte di noi occidentali.
Io penso che le sue fotografie parlino da sole. Non c'è bisogno di commentarle.
Tenendo conto che questa ragazza ha iniziato a scattare a circa 17/18 anni mi viene da prendere la mia attrezzatura e buttarla via.
Spero di conoscerla presto dal vivo e magari riuscire a farle da assistente per vedere come lavora.
In tutto questo devo dire che nonostante sia una celebrità, rimanga una persona molto modesta e dolcissima.

Leggetevi il suo blog dove riporta le cronache dei sui viaggi di lavoro, è davvero molto interessante! http://zemotion.blogspot.com/