giovedì 31 marzo 2011

Unico LAB

http://unico-lab.blogspot.com/2011/03/aggiornamento-emergenza-nucleare.html

Questo è il blog che cercavo, aggiornato quasi in tempo reale, da persone competenti che stanno seguendo la situazione a Fukushima.

Se qualcuno è interessato ed ha la pazienza di leggersi i resoconti probabilmente capirà dettagliatamente come vanno le cose, invece di andarsele a leggere su repubblica o sul corriere o su qualsiasi altro canale giornalistico interessato soltanto a dare le notizie enfatizzandone la parte tragica, perchè lo sappiamo tutti è quello che attira.
Le notizie reali non interessano a nessuno sembra.


http://suchix.kek.jp/guido_cossu/radiation.html
Questi invece sono i dati raccolti da Guido, ricercatore del KEK di Tsukuba (Ibaraki-ken) i dati sono un sunto da tutti i rilevatori di radiazioni (con provenienza indicata) in alcune delle aree da Tsukuba a Tokyo. Buona lettura per chi ne ha voglia davvero.
Grazie.

R.

mercoledì 30 marzo 2011

Fare le foto e farle bene.

Le cose stanno tornando alla normalità, qualcosa sembra cambiato nell'aria, le acque si stanno smuovendo e ieri ho fatto un colloquio in una grossa agenzia pubblicitaria. Finalmente i pezzi della mia vita sembrano ricongiungersi.

Avevo aperto questo blog per parlare di fotografia e sono finito a parlare della mia vita in Giappone. Vorrei tornare a parlare di fotografia e, ad esporre le mie foto perchè credo sia l'unica cosa che so fare. Per questo rimando sempre al mio blog su www.kokeshidesign.com/photography dove scrivo in inglese (ma giusto due righe) ed espongo gli ultimi scatti fatti, in questo caso quelli fatti ad Osaka. Per l'occasione li metto ad alta risoluzione così da poter èssere buoni per farne un wallpaper oppure dei quadretti da stampare come ringraziamento alle persone che mi seguono.

Il micio qui sotto stava tranquillamente appollaiato sul banco degli "Oden" per le strade di "Doubutsuenmae" (動物園前) ad Osaka, tutte le sere quando si tornava a casa veniva d'obbligo salutare il micio degli oden. Se pur con un gatto sul bancone il proprietario non si faceva minimamente il problema dell'igiene (provate a pensare ai peli nel brodo di oden...) non so voi ma io non ho avuto molta voglia di assaggiare quella specialità. Però il micio èra davvero bello.



R.

sabato 26 marzo 2011

Sole.

Oggi c'è il sole. Se non fosse per le notizie alla tele o per le continue richieste di "aggiornamenti sulla situazione" da parte dei miei genitori potrei quasi dire che sembra tornato tutto alla normalità. Anzi, anche le email dell'ambasciata questa mattina sembra abbiano trovato un momento di quiete. Mi verrebbe voglia di andare a farmi una passeggiata al parco se non fosse per il freddo e per il senso di colpa nei confronti dei miei libri di giapponese che aspettano chiusi sul tavolinetto verde al centro della stanza.
Vorrei fare una passeggiata a Shibuya per vedere che aria si respira, un amico mi ha detto c'è in questi giorni sembra diversa. Penso che prenderò i miei libri e andrò a studiare da quelle parti, sperendo di trovare un cafè tranquillo dove poter studiare tutto il pomeriggio.
Oggi greenpeace ha detto che il disastro di Fukushima è salito a livello 7 e quindi a pari di Chernobyl, che fa paura soltanto a pronunciarne il nome. Mi continuo a sommergere di domande a cui non so rispondere. In questi giorni esattamente un anno fa arrivavo a Tokyo. Faceva freddo, molto freddo ma di li a poco sarebbero sbocciati i sakura. Mi chiedo come sarà quest'anno l'hanami, forse ci sarà più posto sotto gli alberi. Spero che l'amosfera rimarrà quella di sempre a prescindere da tutto. Andiamo avanti.

R.

venerdì 25 marzo 2011

Preparare una valigia.

Finalmente a Tokyo. Non mi è mai mancata così tanto casa mia, eppure mi è capitato di stare lontano per molti più giorni. Credo però che non mi sia mai capitato di dover fare una valigia tenendo bene in mente l'ipotesi che quella valigia potrebbe èssere l'ultima che faccio in quella stanza, scegliere bene cosa portare, ricordare il passaporto, non si sa mai, portare il cappotto buono? E la tavoletta grafica? Rivedrò mai questa casa? Tornerò mai in Giappone? Quando ho preparato questa valigia pensavo esattamente queste cose.
Mi ha fatto male devo ammetterlo, non lo auguro a nessuno, anzi credo che poche persone di quelle che conosco abbiano provato la sensazione di dover scappare e penso sia davvero una brutta sensazione. Certe cose le si danno per scontate, almeno noi che viviamo in società agiate, che siamo abituati a i piccoli lussi quotidiani, ci limitiamo a guardare il telegiornale ed ogni giorno a vivere le tragedie di altri popoli come una spruzzata di peperoncino in più sulla pasta. Ma che ne sappiamo cosa è la disperazione. La guerra. Il disastro. Non ci ha mai toccati da vicino. Cosa ne sappiamo che significa scappare da un luogo. Firse i nostri nonni, loro forse si.
Ora non voglio paragonare la mia esperienza a quello che succede ad un paese in guerra, ma se quello che ho provato io è un infinitesima parte dell'ansia e della disperazione che provano i rifugiati che scappano dalle loro case, beh, allora posso affermare che non ci rendiamo conto che cosa sia la disperazione. Mi sento una persona migliore, più risoluta. Alla fine sono di nuovo qui, fino alla fine, fino a che non mi caccieranno.

La valigia è rimasta fuori dall'armadio con il passaporto all'interno. Non riesco a riporla dentro ancora e non so per quanto altro tempo non ci riuscirò.

R.

giovedì 24 marzo 2011

Mnemonic


Vivo ormai da più di dieci giorni in questa piccola stanza di tre tatami. Da quattro giorni data l'influenza non èsco quasi mai dalla stanza, se non per pisciare o per andare a comprare cibo. Fuori c'è doubutsuen, quartiere poco raccomandabile di Osaka, pieno di puttane cinesi e spacciatori di droghe sintetiche. Tutti parlano un dialetto che piano piano incomincio a fare mio. Mi sento un po come Case, come Neo, come Johnny Mnemonic. Questo è fottutamente cyberpunk. Questa città è fottutamente cyberpunk.

R.

mercoledì 23 marzo 2011

La moretti di Osaka

Osaka è una città da condividere. Ecco cosa non riesco a fare, starmene da solo come quando sono a Tokyo. Li posso stare giorni senza dover parlare con nessuno e non sentirmi solo. Qui mi sento solo. E malato. Voglio tornare a casa mia.
La ragazza che mi sta di fronte sulla scala mobile ha la gonna troppo corta e le si possono vedere gli slip. Un altro giorno probabilmente sarei sceso due gradini piu in basso, oggi ho la nausea, non solo per via degli effetti collaterali delle medicine, il mio fisico ha una carenza di normalità, quella vera. Mi vedo al centro con un amico, almeno mi distraggo ma l'idea di rimanere ancora due giorni in ostello da solo mi mette di cattivo umore. Se domani mi sentirò bene, se le notizie dalla centrale continueranno ad essere stabili potrei prendere in considerazione di tornare a casa mia. Le notizie sull'acqua sono poco rassicuranti ma in fin dei conti nessuno sperava di trovare le cose tutte aggiustate anzi meglio di prima. L'ambasciata pian piano inizia a "sbottonarsi". Adesso dice di avvisare nel caso di rientro a Tokyo e che by the way la situazione continua e continuerà ad essere instabile per un po di tempo. In pratica se vuoi tornare fai pure, se succede qualcosa sono stracazzi tuoi perché noi ti abbiamo avvertito. Simpatia. Questo è l'ultimo tamiflu che prendo, spero non vada a cozzarmi con la mezza Moretti che mi sono fatto a cena. Si, ad Osaka si può trovare Moretti alla spina.

R.

domenica 20 marzo 2011

Come cambiano le cose.

La realtà è che la mia vita è parzialmente cambiata.

Vivere questa "cosa" mi ha fatto riflettere su come la vita possa cambiare immediatamente. Siamo appesi a un filo, un equilibrio che ci creiamo un millimetro alla volta in anni di lavoro.

Dal giorno del terremoto sento che qualcosa dentro di me è cambiato, anzi dentro e fuori.
La routine giornaliera, l'ansia per l'esame di giapponese, i preparativi per passare l'hanami tutti insieme, è stato tutto lavato via da quello tsunami, lasciando un terreno arido di ansia, paura, disperazione. Mi sento più forte ma al contempo sono straziato, vorrei non fosse mai accaduto nulla, avrei preferito èssere bocciato all'esame.
Vedere una persona a cui tenevo moltissimo prendere e partire per non far più ritorno mi fa capire quanto la vita sia in bilico, le certezze siano incertezze e come i sentimenti possano cambiare in un secondo, anzi in 120 secondi.

Ultimamente parlando con un amico appassionato di cultura indiana etc. ragionavamo su come il mondo stia cambiando, si stia evolvendo nel bene e nel male, con tutte le conseguenze che ne derivano. Il nostro di mondo è appena cambiato, radicalmente. Da questa stanza di due metri per tre metri posso sentire il rumore delle strade di Osaka, mi conforta ascoltare la gente che canta nel karaoke qui sotto, vecchie canzoni giapponesi, io almeno sono qui al caldo e mi vergogno certe volte di pensare a quanto sono stato sfortunato quando c'è gente che ha perso la casa, o la vita.

R.

sabato 19 marzo 2011

39.6

38.3, 39.1, 39.6, 39.3, 38.5, 39.2

No, non sono le magnitudo del terremoto e nemmeno i micro sievert delle radiazioni.
Sono le "temperature" misurate dalla mia ascella nelle ultime 48 ore.
Ebbene mi sono ammalato e da due giorni sto chiuso in albergo quindi addio ai sogni di gloria reportagistici in Osaka. Sembra assurdo perchè la mia battaglia interiore per vincere la febbre mi fa sentire più vicino alla battaglia per raffreddare Fukushima. Anche io come loro sto combattendo per stabilizzare la situazione a suon di pasticchette per abbassare la temperatura. Praticamente sto spegnendo un incendio con un bicchiere d'acqua, ahh buona vecchia cara tachipirina, una bella sudatona e poi via come nuovo. Peccato che la mia scorta di farmaci italiani sia tutta a Tokyo.
In questi giorni mi sto vivendo più del solito la hall dell'hotel, chiamiamola zona ricreativa.
Qui c'è gente di ogni nazionalità che come noi ha preferito spostarsi ad osaka per qualche tempo, altri invece stanno soltanto aspettando che si liberi un posto sul primo volto per tornare nel proprio continente.
Devo ammettere che la tentazione di sfruttare il volo gratuito è molto forte, ma l'idea di tornare a casa ed èssere assaltato da una massa informe di persone che verrebbero subito a chiedermi particolari salienti di questi ultimi giorni, ecco questo un po mi spaventa. Anche perchè in realtà le persone non vogliono cambiare idea su un concetto del quale se ne sono già fatta una, e non sarò certo io a portare la grande verità ovvero che a Tokyo la vita non si è mai interrotta dal giorno del terremoto, che i livelli di radiazioni sono inferiori a quelli di Roma e che entro breve tutto tornerà alla normalità. Per queste persone ormai la verità è: il Giappone è spacciato, i giapponesi sono un popolo senza emozioni e il governo giapponese ha nascosto e continua a nascondere la gravità dei danni.
Per tutti quanti la sola cosa importante è tornare. Non importa a nessuno quello che succede DOPO, l'importante è accontentare tutti quanti, (non inserisco la mia famiglia nel "tutti quanti" dal momento che ho ben spiegato loro le mie ragioni) tornare a casa, farsi vedere da tutti la sera al Gavozza, rispondere alle domande e confermare quanto detto già dai media, ovvero il giappone è pericoloso. Nessuno pensa a quello che viene dopo, al biglietto di ritorno per Tokyo che non sarà ovviamente gratuito, al fuso orario e lo stress che comporta tornare per solo sette giorni, al dover riorganizzare la mia vita a Tokyo da l'Italia e non in loco.

Ma questo non è importante, l'importante è tornare, è un favore che faccio alla comunità non a me stesso.

R.

the hyper rescue team

Vorrei spendere due parole sulla squadra dei 150 vigili del fuoco volontari che sono stati mandati a Fukushima ad irrorare il reattore 3 con gli idranti. Si chiamano "the hyper rescue team".
In realtà c'è ben poco da dire, sono queste persone che fanno grande il mondo ed è un peccato che non sono quasi stati mensionati dai vari media che ritengono più importanti i dati sull'economia del Giappone piuttosto che raccontare la storia di questi eroi che vanno a rischiare la vita anche per me.

errata corrige// sono stato informato appena che in realtà in Italia se ne è parlato. Incredibile la velocità con la quale sono stato ripreso per la mia svista, che attaccamento patriottico all'informazione che fino a ieri non ha fatto altro che seminare dati a caso spargendo ansia e panico nella mia famiglia. Chiedo Venia.

venerdì 18 marzo 2011

la febbre di Osaka.

E così dopo 4 giorni di Osaka iniziamo a vederci chiaro. Quantomeno adesso penso di aver capito cosa voglio fare, ovvero tornare a Tokyo. Oggi la mia tempra d'acciaio ha mostrato i primi segni di cedimento portati da un febbrone che non mi ha fatto chiudere occhio stanotte. Credo che sia stata la conseguenza diretta allo stress degli ultimi giorni come per esempio il terremoto, l'allontanamento da Tokyo, le ansie, l'insicurezza su cosa fare nel prossimo futuro. Ora mi sembra tutto più chiaro almeno, o forse sono soltanto queste "kusuri" potentissime che mi hanno dato in farmacia per abbassare la febbrA.
Pare che la situazione a Fukushima si stia parzialmente stabilizzando. Non ne saremo certi finche quei reattori non saranno sigillati in sarcofaghi di cemento armato. Da parte nostra non possiamo fare altro che continuare a consultare i dati dei rilevatori di Tsukuba - Ibaraki, contatori geiger a cui abbiamo accesso tramite un ragazzo che fa il fisico a tsukuba, in questi giorni se non ci fosse stato lui a spiegarci il funzionamento dei reattori e a rassicurarci, credo che avremmo vissuto tutto con molta più tensione.
Credo che la febbre si stia abbassando veramente.
L'idea di tornare a Tokyo mi fa tirare un sospiro di sollievo, mi manca il mio letto. Al contempo pensare di passare altre due settimane (fino a l'inizio della scuola) in una metropoli parzialmente deserta mi mette un senso di angoscia. Credo proprio che mi concentrerò sullo studio del giapponese e sulla fotografia di una città che in queste condizioni non ho mai visto.

R.

giovedì 17 marzo 2011

Inception

Hai presente il film "Inception" con Di Caprio, quando verso la fine creano il sogno nel sogno e tutto scorre a rallentatore... ecco la sensazione che sto provando in questi giorni mi ricorda esattamente quella scena. Mi sembra di vivere tutto a rallentatore, mi sembra di vivere quei secondi che passano tra quando il boia alza in aria l'accetta e la fa ricadere sulla tua vita, siamo in attesa di vedere da quale parte del ceppo rotolerà la nostra testa, ma il colpo d'ascia cade a rallentatore, quasi a un millimetro l'ora si abbassa inesorabile sui nostri destini.
In questi giorni ho capito una cosa, amo questo posto più di quanto immaginavo.
Ho smesso di svegliarmi la mattina con l'amarezza del rendermi conto che non è stato un sogno, anzi ho recuperato parzialmente la stanchezza degli ultimi cinque giorni, mi sento attivo, ho voglia di muovermi, parlare e ricostruire. Ho voglia di vivere e non ho più timore di confrontarmi con nessuno sulla faccia della terra. Venite che vi spacco il culo.

Le cose ad Osaka vanno incredibilmente meglio, ci siamo scrollati le paranoie di dosso, riusciamo a ragionare sul da farsi e scherzare sulle innumerevoli differenze tra Osaka e Tokyo. A dirla tutta non approfondiamo più di tanto l'argomento, Tokyo ci manca da morire e abbiamo tutti paura di perdere in qualche modo le vite che ci siamo costruiti li.
Personalmente ora come ora tornare in Italia per un breve lasso di tempo non mi spaventa più dal momento che ho ripreso pieno controllo delle mie emozioni, in realtà la voglia di rimanere ad Osaka e continuare a collaborare con l'agenzia francese che mi chiede le foto è molto stuzzicante. Mi hanno chiesto di tornare a Tokyo a fotografare il caos e l'evacuazione ma la realtà è che non stanno evacuando nessuno e i giapponesi continuano a mandare avanti la loro vita senza troppi intoppi. Io di tornare a Tokyo in questi giorni non ho voglia, l'ombra delle centrali instabili incombe sui miei pensieri di fama e di gloria.

R.

mercoledì 16 marzo 2011

Andiamo a sud e stacchiamo da questa aria pesante.

Stamattina ho bevuto soltanto un caffè. Invece dei soliti tre ai quali ormai il mio fisico si era abituato per mantenersi sveglio e reattivo. Forse perché non ho passato la notte a casa mia ma da un amico. Anche essendomi portato il mio pacco di caffè Ucc e i filtrini non sono riuscito alla fine a prepararmene abbastanza per le mie solite tre tazze. Non è il caffè che mi manca, il sonno forse, ecco quello si. Da ormai quattro notti che non riesco a stare in fase rem per piu di tre ore credo. Quest'ultima notte credo fosse lo sfinimento che ha smorzato il mio cervello e mandato in coma irreversibile il mio corpo.
Scrivo dallo shinkansen per Osaka, dove nonostante le tre ore di viaggio che mi aspettano, cullato dagli ondeggiamenti del treno superveloce non riesco proprio a dormire. Non credo che sia la paura del nucleare, la paura di dover aspettare davanti alla tele di un motel (sempre a trovarne uno) qualche nuova tragica notizia, senza sapere cosa fare come farlo, è soltanto un senso di disperazione che inizia a pervadermi alla luce dell'ipotesi di lasciare il giappone ora, troncare in meno di due secondi gli ultimi dodici mesi della mia vita.
Ho deciso di venire a vivere qui perché amo questo posto ed ho accettato di stare qui nella buona e nella cattiva sorte, ma non avevo mai riflettuto su come un evento di forze maggiori avrebbe messo cosi a rischio tutti i miei progetti.
Sono molto triste. Spero ancora che la fortuna, il buon karma e un nuovo giorno portino buone notizie e che tutto questo diventi soltanto una di quelle storie che si raccontano davanti a un paio di birre.

Ironia della sorte. Preparandomi per l'esame di giapponese la settimana scorsa mi sono soffermato su un kanji in particolare, chiedendomi il perché una parola del genere dovrebbe essere cosi importante da studiare dato l'argomento che a me risultava un po scaramantico e poco simpatico.
Il kanji era 震源地 si legge "shin ghen ci" e vuol dire epicentro sismico.

R.

sabato 12 marzo 2011

Vivere un disastro ambientale.

Non ho mai pensato che un giorno sarebbe successo davvero. Ammetto di aver fantasticato dietro i dvd del National Geographic, guardando grandi fotografi addentrarsi nell'occhio del ciclone, impavidi, con freddezza e professionalità incuranti del pericolo scattare foto impressionanti.
Ieri pomeriggio qui a Tokyo c'è stato il terremoto più forte degli ultimi 40 anni dicono. Ed io èro qui.
Ho sempre pensato che se mai un giorno mi fossi trovato in una situazione del genere avrei avuto la fermezza d'animo di prendere la mia macchina fotografica ed uscire fuori a documentare il documentabile. La verità è che la paura è qualcosa che ti consuma e che ti sfinisce. No, non sto esagerando, qui a Tokyo in fin dei conti è stato soltanto un potente terremoto, nulla a confronto di quello che è successo a Sendai ma tutta questa atmosfera, questa pesante tensione nell'aria, il percepibile nervosismo negli occhi dei giapponesi, le scosse di assestamento che continuano per tutto il giorno (e la notte) è qualcosa che pian piano ti entra dentro e ti consuma, non riesci a riposare, c'è qualcosa dentro di te, una sottile ansia che ti tiene in allerta verso ogni segnale, suono, sensazione percepibile.
Ieri sera tornavo a casa dalla stazione, faceva impressione vedere la massa di persone che rimaste bloccate a causa dell'interruzione della linea metropolitana, facevano un interminabile fila verso la fermata dell'autobus. I convenient store totalmente vuoti, il McDonald 24h chiuso, ma più di tutto avvicinandomi verso casa un silenzio spettrale, quel silenzio che sembra quasi un ronzio, rotto soltanto dal rumore della radio accesa di una pescheria vicino casa ripete "a nastro" i nomi dei dispersi mancanti all'appello. Ebbene, questo per dire che non ce l'ho fatta. Non sono stato in grado di prendere la mia macchina fotografica e andare a documentare tutto questo, la sola cosa che ho sentito necessaria è stata tornare a casa, rimettere a posto il caos dell'appartamento e rassicurare i miei familiari. Forse rassicurare me stesso. Credo che in questi momenti specialmente senti di èssere lontano da casa, dai tuoi cari. Ora, 48 ore dopo, sento ancora un senso di innaturale calma e l'unica che posso fare è cercare conforto tra le persone che hanno vissuto il mio stesso shock. Mentre scrivo queste righe sgrammaticate ho la tele accesa dove annunciano le scosse di assestamento in diretta, cosa terrificante. Non penso sia necessario raccontare dove mi trovavo durante le scosse perchè trovo sia peggio " l'hangover " del giorno dopo, il rendersi conto di cosa è successo, di cosa poteva succedere, di quanto si è stati fortunati stavolta.

R.